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Quando la storia della “moscaccia” non è sufficiente contro i capricci

I famosi capricci si possono affrontare con molta pazienza, tanta dolcezza (come fa il “diplomatico” di casa, cioè mio marito), dedizione, attenzione ai suoi bisogni, etc, etc… Ma ci sono quei periodi in cui il pargoletto si arma di una sorta di laternino, va a guardarti dentro, ti scruta, trova che c’è qualcosa che non va e poi inizia a pensare: “com’è sciupata, oddio forse la mamma non mi vuole più bene” e allora… sei fregata! I capricci aumentano di frequenza, intensità e soprattutto durata.

Cosi mi sono rivolta ad esperti consiglieri, stanca delle ingestibili scenate, ma soprattutto amareggiata al solo pensiero che potessero essere scatenate da problematiche più gravi. Fino ad allora, povera principiante, durante le crisi utilizzavo il vecchio trucco dell’effetto distrazione, che per altro io odio. E poi i bambini non sono stupidi, guarda c’é un asino che vola, non basta a calmarli.
Come ho già detto, ho chiesto un parere a pedagogisti di alto livello, che mi hanno suggerito il loro metodo usuale, cioè quello di portare il bimbo in un’altra dimensione, altro che distrazione! Li per li sono rimasta interdetta – oddio come faccio, proprio in pratica intendo, se avessi una macchina spazio temporale…

Poi, il momento della dimostrazione é arrivato, quasi per caso (succede quando meno te lo aspetti, si tratta di improvvisare), una sera di capricci folli. Ho inventato una storia che ha sortito l’effetto sperato, guardando una mosca che si era posata sul tavolo della cucina. Ho portato davvero mio figlio in un’altro pianeta, poichè questa storia ha destato in lui un tale interesse, da calmarlo come se avesse preso un tranquillante.
Da allora, quando fa i capricci perché vuole che lo addormenti papà quando c’è mamma e viceversa, gli dico che il babbo è impegnato a scacciare la moscaccia dalla cucina – cosi la chiamo – e lui si calma, immaginandosi papà che cerca di intrappolare la mosca nelle sue mani e di farla volare con un soffio lieve fuori dalla finestra. Cosi gliel’ho raccontata la prima volta…

L’altra sera però il capriccio ha preso una brutta piega, è diventato una scenata isterica vera e propria, con tanto di di lacrime e bocca quadra.  Non riuscivo a fare nulla per calmarlo. Per cui, dopo aver tentato la qualunque, ho inventato la storia della luce che si arrabbia. Ho spento il contatore generale della luce e il mio povero marito è rimasto a mangiare al buio (lui mangia alle 10 di sera).
Mio figlio non solo ha smesso di piangere all’improvviso,  ma mi ha guardata stupito, si é coricato, come se anche lui si fosse spento, e si è addormentato senza colpo ferire. La sera dopo mi ha fatto intendere che ha capito che la luce si arrabbia se i bimbi fanno troppi capricci prima di dormire e fa smettere di funzionare le cose: la lucina della notte, la televisione, il frigo, tutto, e questo lo ha fatto molto preoccupare. Inoltre si é ricordato di una puntata di quella noiosa di Peppa Pig che parla proprio di un black out e allora l’ha presa ancora più sul serio. Mi é andata bene anche questa volta!

L’illustrazione di copertina è di: Lieke van der Vorst.

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